De’ Divi, e degli eroi, facil discendo:
Ne le sembianze mie, che mal conosce,
Al vaneggiante vulgo aprir mi degno.
Venni a te, perchè udii, che sulle corde
Della lira Dircea, cui diede Euterpe
Il suono emulator dei chiari nomi,
Un nome tenti, in cui spirar ben deggio
Tutta la luce mia, talchè t’ammiri
Questa, e qualunque età, che sia col giro
De’ rinascenti secoli, e del sole,
L’obliquo corso a misurar più tarda.
Nè del Parnasso tuo, come mal sogna
L’ignara turba, a me le verdi selve
Ignote sono. Amo le Dee Sorelle,
Con lor m’affido: amo i divin Poeti.
E, quando il caldo meditar gli leva
Sopra le basse terre, e i frali sensi;
Io tutto allor sulle sublimi cetre
Sotto splendenti immagini mi mostro,
E con le belle somiglianze mie
Di meraviglia amo ferir le menti.
Grande impresa tu volgi. Io so, qual’alma
Dal più bell’astro uscita a lodar prendi,
Che dal gran Morosin fuor tralucendo,
Divina parte del mortal suo velo,
Celar non puote il suo natal celeste.
Egli sull’are mie, che man profana