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Mi presenta d’un Dio. L’intatte membra
Avvolge; ma non cela argenteo velo,
E fuor balena dal sicuro volto
Forza di rai, che tramontar non pave,
Fugge, dov’egli appar, d’insidie dolci
Il falso labbro instrutta, e i vizi usata
Alimentar di mal offerto incenso
La bilingue lusinga, e seco fugge
La nocente menzogna, a cui l’atroce
Lingua cosperge di cerberea spuma
Nemico di virtù l’empio livore.
Lo favoreggia il tempo, e se lo guata
Da lunga notte ingiuriosa oppresso,
Con l’instancabil ricercar dell’ali
L’ombre più folte si dirada, e rompe,
Che quanto ascoso più, tanto più bello
Con la possente annosa man lo tragge
Nell’aure aperte del negato giorno.
Egli fermato il luminoso cocchio,
Divinamente avanti me lampeggia
Prima tre volte, e gli occhi miei sospende,
Io son, poi dice, io son, ben mi ravvisi,
De gli umani intelletti il primo obbietto,
Io la fonte del bene, in cui l’umano
Desio s’accheta, io l’immutabil Vero.
Non io di colassù, dove m’alberga
Nel beato sereno il tempio immenso