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Rinati al novo secolo del prisco
Tebro, e d’Ilisso i redivivi esempi.
Ecco al fulgor de l’Atestina luce
Splendono tinti d’oro i dì felici,
E il gran Francesco, che le vie degli avi
Rapido segna di più belle prove,
L’arti a me care in miglior nido accoglie.
Ecco eleganti di Corinti fregi
Sorgono al cenno suo tetti regali;
Su le colonne doriche grandeggia
L’augusta pompa di marmoreo foro,
Ove fidata in suo poter s’affide
Fra i preparati ignivomi tormenti
La ragion de la pubblica difesa.
Già ne l’informe carrarese marmo
Spirano tarda vita i prischi eroi;
Già ridon su le tele i bei colori
Ne la misura armonica fra ’l vario
Di luce, e d’ombre degradar temprati:
Onde fra l’opre sue pende natura,
E fra il mentito Archetipo confusa.
     Ma non mai sul Panaro altra mi trasse
Cagion più bella, nè giammai più lieta
Di Giove il foglio, e la concessa fede
Abbandonai de le paterne mense.
Quel, che segnato in Adamante eterno,
Entro i decreti arcani il ciel volgea,