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Che me in mirar, Perseo rammenta, e teme.
Qui latra il cane adusto, e splende d’Argo
La nave, ed Orione armato d’auro:
Là furiosa freme
La fulgid’Idra, e’l lupo, e’l buon Centauro
E fuggo lor sembianze atroci, e spargo,
E per lo ciel mi allargo;
E se alcun altro incontro aspetto orrendo,
O’l torco altronde, o mansueto il rendo.
     Non è mia mente stanca
In varcare di ciel spazio cotanto,
E passo su la via lucente, e bianca,
Cui fan mill’astri scintillando il manto;
Per questo calle, che de’ Numi mena
Alla Reggia serena,
L’alme io conduco nel corporeo velo,
E per lo stesso le rimeno dopo
Carche di merti alla sua prima stella
A far più chiaro il cielo.
Seco entro anch’io nella divina, e bella
Reggia, che sparsa è d’oro, e di piropo,
Nè d’altra scorta ho d’uopo,
E poggiando sul feggio alto, e superno
Mi pongo al lato del Senato eterno.
     Quivi il Padre de’ Dei
M’ode, e prende da me consiglio e legge
E con le leggi, e co i consigli miei