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     Sparir poi tutte, e solo il bel Cupido,
Lasciar tra fiori a canto alle fresch’onde;
235Che poi svegliossi, e con vezzoso grido
Chiama la madre sua, che non risponde:
Stimando, che sia gita in Pafo, o in Gnido,
O in altro loco; più non si diffonde,
Ma spiega l’ali al ciel di più colori,
240E torna ad impiagar mill’altri cuori.

     Il suo gran danno il misero non vede,
Che chiusi gl’occhi tien d’un velo schietto;
E perchè acuti i suoi strali esser crede,
Spera, che debbian far con l’usato effetto.
245Incurva l’arco, e com’ho detto, riede
A ferir, come suol, questo, e quel petto;
Ma, non che penetrar possan nell’osse,
Appena i panni segnan le percosse.

     Da questo avvien, ch’al mondo or non si puote
250Nè vera fè, nè ver Amor trovarsi:
Nè un vero par di fide alme divote,
Che d’interno fervor possa vantarsi;
Poichè Cupido in van fere, e percuote,
E sono i colpi suoi deboli, e scarsi;
255Egli, che la cagion non può sapere,
Invan si duol, che manca il suo potere.