Dolce mia speme, in così fervid’ora, 210Che ’l sol ci offende, e sei sudato, e stanco,
Cessa di saettar, vieni a quest’ora,
E nel mio sen riposa il tuo bel fianco:
Le consente l’incauto, e in grembo a Flora
Getta il bel corpo suo tenero, e bianco: 215E nel sen di chi offenderlo propone
La bionda testa, e inannellata pone.
Il sonno entrò ne’ begli occhi amorosi;
Che la fatica fa il riposo grato;
La brutta Arpìa, che i strali luminosi, 220Nella faretra ha visti al manco lato,
Perchè ’l dolce Cupido ai suoi famosi
Nomi dia fine, e più non sia pregiato;
Con l’empia ingorda man, ch’egli non sente,
Gli la dislaccia, e leva pianamente.
225La gelosa Giunon tutta contenta,
Con la Superbia allor si fece innante,
E perchè sia d’Amor la gloria spenta,
Fè nascer ivi un monte di diamante,
In cui l’empia Superbia s’argomenta 230Di spuntar le saette invitte, e sante;
E poichè ben l’effetto lor successe,
Fur al loco, ove tolte ancor rimesse.