Che penetrando i suoi profondi arcani
Delle bell’opre sue, l’opra più bella
Già scuopre, e canta la corporea luce.
Dall’immenso di Dio profondo abisso
Uscio la voce del voler sovrano:
Sorgi, o luce, tuonò la gran parola:
Sentilla il cieco caos: versò dal seno,
Modificando la materia informe,
Sottil, liquido, elastico elemento
I spazj ad occupar del voto immenso.
Un seguace l’investe urtar continuo,
Che la vibrante globolosa polve
In candide trasforma onde di luce,
Candide sì, che in lor candor racchiudono
La bella dei color prole settemplice.
Vide il Signor la luce, e sen compiacque,
Ed essa intanto i rettilinei raggi
Esercitando per gli eterei campi
Seco ne trae sull’orizzonte d’oro
D’una parte del globo ampio terracqueo
Il primo die, mentre atra tenebrìa
Sull’altra in cono decrescente abbuia,
Che con perenne succession de’ giorni
Reggan la ferie su le vie dell’anno,
Onde s’alterni la sudor-grondante
Fatica industre col riposo caro,
Che ansando attragge lo spirabil sonno.