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Arpa non era, ma soave canto
Del gran Ceroni, che sull’erbe assiso
Col Divo Plettro contendeva il vanto
All’occhi-azzurro Pastorel di Anfriso,
Narrò di Psiche la beltà, gli ardenti
Che Amor per lei soffrì grati tormenti.

     Zeffiro rapitor di Psiche bella
Si aggirava lascivo al Vate intorno
Ripetea garrulletto in sua favella,
Se qual Tu la dipingi era quel giorno
Che i danni arse ad Amore, Amor sdegnato
Non si saria con lei benchè oltraggiato.

     Poscia con voce flebile-gemente
Simile a dolce ventolin, che spira
Su la vetta del colle, Ei la dolente
Briseide pinse allorchè mesta gira
Le dardeggianti cupide pupille,
E tenta invan di rimirare Achille.

     Del fier Pelide la fulminea rabbia
Per cui costui Achei precipitaro
Del reo Cocito sulla negra sabbia,
L’ira possente che affannoso, amaro
Pianto costò alla Grecia, e a’ Teucri rei
Passeggere recò palme, e trofei,