Pagina:Poemetti italiani, vol. X.djvu/191


187


     Scende per la spelonca orrida ed orba
La via confusa disastrosa e torta,
E l’atro fumo che que’ luoghi ammorba
Supera e il piè ne’ mesti Regni porta.
Va lungo tratto, e la palude torba
Scerne ed il guado della gente morta.
Colà si affretta, e l’Ombre intimorite
Fuggiano al moto e alle sembianze ardite.

     Volano a stormi, e un fremer aspro e acuto
Forman quell’Ombre radunate in fretta,
Ove il torvo Nocchier scarno e barbuto
Nella barca letal parte ne accetta,
E pel fangoso umor di Stige muto
Degli estinti alle fedi altre traghetta;
Altre, cui di sepolcro il fato priva,
Erranti lascia sull’ignuda riva.

     Volle Alcide salir; ma lo respinse,
Come mortale, il rigido Caronte.
Egli retrocedendo, il volto tinse
Tutto di foco ed increspò la fronte;
Poi disse: Ercole io son che i mostri vinse,
Che se varcar mi nieghi oltre Acheronte,
Con il tuo legno nella più profonda
Parte sommergerò te di quest’onda.