Tra l’ombre della nera solitudine
Solo si ascolta un indistinto gemito,
Qual tuon lontano di percossa incudine,
O di vento racchiuso interno fremito.
Ne raddoppia l’orrore e l’inquietudine
De’ tronchi arsi e sfrondati il tardo tremito.
Nebbie pesanti, che maligne attoscano
L’acre, s’alzan dal suolo e il giorno affoscano.
S’apre nel basso la feral caverna,
Cui lo spesso calor l’orlo consuma,
Che molta parte della peste interna
Mugghiando esala e lentamente fiuma.
Scagno, che s’empie da sorgente inferma,
La bagna intorno di ferrigna spuma.
Ben ha di saldo acciar cerchiato il core
Chi può mirarla e non gelar d’orrore.
Perde augel che si accosti incauto il vola,
E dal tetro vapor cade colpito.
Fuggon la steril terra e il tristo suolo
Timidi i greggi e il pastorel smarrito,
E all’attento stranier da lunge solo
Il pallido arator la mostra a dito.
Ma non frenò sì spaventosa immagine
Alcide e si lanciò nella voragine.