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     Che facesti (diss’io)? Le mie ferite
Di ricevere in te chi a te commise?
Come soffrillo il ciel! forse due vite
Nel tuo solo morir non sian recise?
Ella, raccolte allor le sue smarrite
Forze, guardommi e a sospirar si mise;
Quindi (ahimè pur l’intesi e non morii!)
Mesta così mi diè gli estremi addii.

     Vivi, mio Prence, il vuò. Lascia a me sola
Senza gloria morir, donna negletta
Vivi beato e il popol tuo consola,
Che il padre suo di rivedere aspetta.
Già fui felice assai: poco m’invola
Oggi la morte, anzi ’l morir, mi alletta,
Se affrettandomi, incontro all’ultim’ora
Salvo i soavi dì di chi mi adora.

     E sperar voglio ancor, se pur di tanto
Può lusingarsi un cor che per te geme,
Che, dopo la mia morte, in te quel santo
Nodo vivrà che ci congiunse insieme;
Che al tuo pensier sarò presente e accanto
Ancor mi avrai tra le memorie estreme;
Nè un’altra donna, mia rival, giammai
Obbliar ti farà quanto t’amai.