Poichè stupor diè loco, una verace
Gioja mi riconforta e m’assicura,
Nè temo più che possa a me la pace
O la vita rapir la febbre impura.
Oh! mente nostra in presagir fallace!
Va sempre col piacer qualche sventura.
Donde la mia felicità credei
Cominciarono ohimè gli affanni miei.
Torno alla sposa, ed il favor de’ Numi
(Che tal mi parve) e il mio gioir le svelo.
Ella di qualche stilla i cari lumi
Bagna per gioja e benedice il cielo.
Qual è tesor, che i placidi costumi
E un concorde volere e un puro zelo
E docil mente con soavi sensi,
Ahimè! qual è tesor che ciò compensi?
Tanto mi tolse il cielo, il dolce ajuto
Che ogni pena al mio cor minor facea.
Tornò, poichè due volte ebbe compiuto
Febo il suo giro, a me la furia rea.
Era muta la terra e aer muto,
Stanco nel sonno ogni animal giacea,
Quando da accesa man con fier tormento
Premermi il petto e soffocarmi io sento.