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     Come il coniglio pauroso e muto,
Che udito ha il rauco fremito del corno,
A zampare i cavalli, o il can labbruto.
Empier la selva d’ululati intorno,
Dafne senza consiglio e senz’ajuto
Fuggia dal Nume apportator del giorno,
E tentava nel gorgo alto e vorace
Quasi lanciarsi a ricercar la pace.

     Ma ruvida corteccia in sulla sponda
Le tronca il corso e le sue gambe abbraccia;
Entra il piè nel terreno e si profonda,
Fatto radice, in tortuosa traccia;
Sona il crin che divien minuta fronda
E sente in alto intirizzir le braccia:
Ancor si spinse per fuggir, ma invano
Tentava il piè di separar dal piano.

     Qual incauto augellin che presso al suolo
Sulla viscosa verga andò a posarse,
Ritenta dopo inutilmente il volo
Alzar più volte colle piume sparse;
Tal fu la Ninfa. Interno amaro duolo
Sentinne Apollo e sulla faccia n’arse,
Ma nelle scorze già tenaci e crude
Tutto il bel corpo si ravvolge e chiude.