Deliziosa è la vallatta e varia
D’acque e di piante, e taciturna e sola,
E la tranquilla amenità dell’aria
Solo interrompe alcun augel che vola:
Qui la passera mesta e solitaria
Colla querula voce si consola:
Mormora il fiume e d’alti spruzzi aspe
Rotto sasso inegual che in lui s’immerge.
M’interno nella selva, ove remota
Perde il sentiero è più le fronde intrica;
Orma non serba, ma deserta e vuota
Par che inviti a obbliar l’aspra fatica,
Aura non v’è che l’alte cime scuota,
Eco non v’ha che i detti altrui ridica;
Pago scorrendo vo quella diletta
Rozza soavità, che pur mi alletta.
E giungo errando ove una rupe vecchia,
Su cui stride talor corvo prefago,
Pende ed in atto di cader si specchia,
Consunta al piè, nel sottoposto lago.
Qui un dolce suon, che mi ferì l’orecchia,
Mi fè d’intender curioso e vago.
Certo col guardo e un giovane Pastore
Più basso veggio esser del suono autore.