L’amai, mi amò. Da lei cuna regale
Fu il men ch’io chiesi, o dote altra simile.
Ampia fortuna e nobiltà che vale
Ove virtù non regna e l’alma è vile?
Piacquemi nella scelta maritale
Il candor del costume e un cor gentile.
Noi fidi amanti e fortunati sposi
Fummo, e pace protesse i miei riposi.
Due cari vaghi ed innocenti figli
Errarmi intorno indi a non molto vidi,
E assicurar ne’ primi lor perigli
Ai miei ginocchi i passi ancor mal fidi.
Piacer non v’ha che tal piacer somigli,
Le tigri Ircane ed i leon Numidi
Senton la forza ond’è ad amar condotto
L’essere che produsse, il suo prodotto.
Così men vissi in dolce stato e caro,
Lieto lunga stagion di mia catena.
Ma come nube al sole il raggio chiaro
Talvolta offende colla nera schiena,
Arida febbre, cui non val riparo,
E che irata mi serve in ogni vena,
Tenendo me con crudo assalto oppresso,
Nostra quiete intorbidava spesso.