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CAPITOLO II.


     O dotto Sciuvalof vate sublime
Siami volger per poco almen concesso
Alle vezzose Donne or le mie rime.
     Son colle muse d’un medesmo sesso
Hanno simil beltà, simil favella,
E dell’immago lor tuo cuore è impresso.
     Or che la guancia gioventù t’abbella,
No tu non puoi sdegnar ch’io volga il canto
Dell’uman germe alla metà più bella.
     Care, amabili Donne, oh per voi quanta
Util e dolce d’abbellirvi è l’arte!
Qual ne traete seducente incanto!
     Questa il freno de’ cuori a voi comparte,
Ed in voi sole a rinnuovar s’ingegna
Quante son grazie in la natura sparte.
     Ma il Vetro consiglier solo v’insegna
Qual d’esse a voi si presta, e più conviene
Qual la vostra beltà sfugge, e disdegna.
     Doppio fregio da voi, Donne, s’ottiene
Quando v’adornan il bel collo, e il crine
Le dell’Indico suol gemme serene,
     Il cui vivo fulgor par chè s’affine
Se da vitrei fioretti intorno ornate
Sono in foggie bizzarre, e pellegrine.