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     Tu le belle e gli Eroi de’ tempi addietro
Ci serbi espressi in tinta eterna, e il duro
Tempo per lor costringi a cangiar metro.
     Allor che Borea avvolto in nembo oscuro
Cuopre la terra d’uniforme velo,
L’uom riparo si fa d’opaco muro.
     Ma saria forza, o che perisse in gelo
O in tenebre profonde i dì traesse,
Addio dicendo al bel fulgor del cielo;
     Se il benefico Vetro non schiudesse
Adito, a puri rai del sol ridente,
E dal soffio vernal nol difendesse.
     Mentre ei scorge di fuor regnar l’algente
Verno che tutto strugge, entro il suo tetto
Tepida aura d’april scherzare ei sente;
     Nè all’uom bastò si portentoso effetto
Volle che di Ceilan i fiori, e i frutti.
Nordico suol fosse a produr costretto.
     Nè fu deluso in suo desir, costrutti
Furon vitrei ripari ai germi estrani,
Dal più tepido Sud al Nord tradotti.
     Del Tinnico cultor fotto le mani
Il fico maturò, sbocciar’ le rose,
Qual di Sicilia ne’ fecondi piani.
     Mille fioretti d’essenze odorose
Impregnano le Russe aure gelate,
E della Neva le ninfe vezzose
     ” Amano averne e seno, e tempie ornate.