Fra l’eccidio e l’orror della soggetta
Colpevole Natura, ove l’immerse 234Stolta lusinga e una fatal vendetta,
Più bella intanto la Virtude emerse,
Qual astro, che splendor nell’ombre acquista, 237E in riso i pianti di quaggiù converse.
Per lei gioconda, e lusinghiera in vista
S’appresenta la morte, e l’amarezza 240D’ogni sventura col suo dolce è mista:
Lei guarda il Ciel dalla superna altezza
Con amanti pupille; e per lei sola 243S’apparenta dell’uomo alla bassezza.
Ma dove, o Diva del mio canto, vola
L’audace immaginar? dove il pensiero 246Del tuo Vate guidasti e la parola?
Torna, amabile Dea, torna al primiero
Cammin terrestro, nè mostrarti schiva 249Di minor vanto, e di minore impero.
Torna e se cerchi errante e fuggitiva
Devoti per l’Europa animi ligi, 252E tempio degno di sì bella Diva,
Non t’aggirar del morbido Parigi
Cotanto per le vie, nè su le sponde 255Della Neva, dell’Istro e del Tamigi.
Volgi il guardo d’Italia alle gioconde
Alme contrade, e per miglior cagione 258Del fiume Tiberin fermati all’onde.