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Sì; ma grande lo fer così gli Dei
Per punire i Romani; al mondo, a Roma,
Ed alla libertà vittima cada.
Già l’alte grida, e il popolar tumulto
Mi richiamano al foro. Oh qual ti miro
Del maggior de’ mortali esangue spoglia
Immobile gelata! jeri un tuo cenno
Facea tremare il mondo: oggi ti giaci
Inonorata, e sola! ecco, o Romani,
Il lacerato, e sanguinoso manto
Del vostro padre: il dispietato Cassio
Qui lo stracciò con improvviso colpo.
Là Cimbro, e Casca, e quà ficcò l’acciaro
Bruto inumano, e quando indi il ritrasse,
Mirate, oh Dio, qual rubiconda riga
Segnollo! Ma già destasi l’insana
Popolar furia, già volano i dardi,
Le faci, i sassi, e dall’avare sponde
Sen fugge già la libertà sdegnata.
     La scena si cangiò, Roma disparve.
Queste di Cipro son le infauste arene.
Rimira il fiero Otello, a cui nell’alma
Il freddo immedicabile veleno
Versò la gelosia: s’agita e freme,
E tra la rabbia, e tra l’amore ondeggia.
Vedilo tra le cupe ombre notturne
Che all’incerto chiaror di fioco lume