Del sublime cantor l’ombra onorata.
L’alata Dea mi riconobbe, e un vivo
Sguardo penetrator vibrommi, e tosto
Si volse a me con salutevol cenno.
Per man mi prese, e disse, o tu che fei
Caro alle Muse, tu cui sè natura
Di sensibili fibre atte a destarsi
Al mio possente tocco, io t’insegnai
Per le scoscese rupi di Parnasso
A stampar con piè franco orme animose;
Gli attici sali cd i canori scherzi
Io ti dettai, con cui tu l’eleganti
Splendide inezie del galante mondo
Ricopristi di riso; ah! lascia adesso
Gli scherzevoli motti, e lascia in pace
Dormir nell’ozio e fra i pomposi nienti
La ridicola turba del bel mondo.
Nuovi pensier, nuov’ordine di cose,
Novelle forme a te finora ignote
A svelar mi preparo, e i maestosi
Quadri che Apollo istesso ammira, e i sacri
Muri n’adorna del suo chiaro tempio,
Pennelleggiati dalla mano ardita
Del gran pittor, che qui mi siede accanto,
Fien scoperti a’ tuoi sguardi, e delle Muse
Le più ricche aprirò splendide stanze,
Disse: e l’aurata onnipotente verga