Sembra al mio cor, che tu ne viva lunge,
Vanne dove t’aggrada: e così detto
Ei pensa al modo di domar Plutone.
Nè pria la bella Aurora in Oriente 210Facendo scorta al Sol, di fresche rose
Si componea sul crin vaghe corone,
Ch’ei pensa all’opra; a se chiamò lo Scherzo
Il Riso, il Gioco, singolar famiglia;
E dove Proserpina ave sua stanza 215Colà gli spinge su sonore corde
A far co’ snelli piè Dedelea danza.
La verginella a quel gentil rumore
Fuore uscì dall’albergo, e per diletto
Moveva le belle orme appo coloro, 220Che la traean, dove voleva Amore.
Era il Re dell’abisso in riva d’Etna
Già pervenuto e s’avvolgea d’un nembo;
Che altrui lo nascondea; ma senza orrore,
E quando scorse la real fanciulla, 225Per Amor si piagò dell’aureo dardo,
Forte così, che di menar la vita,
E di gioirne senza lui fa nulla.
Come regio Falcon, che volge il guardo
Contra augellin; così Pluton si avventa 230Verso la bella donna, e via la porta.
Ella straccia le chiome, e si lamenta,
Ma l’amator la placa, e la conforta,