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E traggon seco il figlio sbigottito,
Che salvar tenta il caro padre invano,
O strascinar sulle più alte cime
La desolata madre, a cui d’intorno.
Altri gemendo stan miseri figli.
La sola estrema vetta alfin sorgea
Dai cupi abissi. In questa il generoso,
L’amabile Semino avea salvata
La sua diletta, la gentil Semira;
Ambo teneri amanti; i labbri loro
Non sapean pronunciar, che amore e fede.
In mezzo alla procella e ai fieri venti
Erano soli. Il ciel sul loro capo
Rovesciava torrenti, il tuon muggia,
E a piè fremeva il furibondo mare.
Era una cieca notte, e il buio orrendo.
Spezzavan sol per addoppiarlo i lampi.
In sulla fronte imperiosa oscura
Ogni nube il terror porta e diffonde.
Ogni flutto d’umane esangui spoglie
Carco attraversa la fatal procella
Prede novelle al suo furor cercando.
Il fido amante suo stringe Semira
Contro il sen palpitante. A rivi il pianto
Misto alla pioggia le scorrer dagli occhi
Ad inondar le pallidette guancie;
Con interrotti accenti al caro amante