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Per l’eloquenza tua nel dí vicino
Lunga e grave materia. A te la Lente
Nel giorno assista, e de gli sguardi tuoi
Economa presieda, e sí li parta,
Che il mirato da te vada superbo,
Né i malvisti accusarti osin giammai.
La Lente ancora all’occhio tuo vicina
Irrefragabil giudice condanni
O approvi di Palladio i muri e gli archi
O di Tizian le tele: essa a le vesti,
Ai libri, ai volti feminili applauda
Severa o li dispregi. E chi del senso
Comun sí privo fia che opporsi unquanco
Osi al sentenziar de la tua Lente?
Non per questi però sdegna, o Signore,
Giunto a lo specchio in gallico sermone
Il vezzoso Giornal; non le notate
Eburnee Tavolette a guardar preste
Tuoi sublimi pensier fin ch’abbian luce
Doman tra i begli spirti; e non isdegna
La picciola Guaína ove a’ tuoi cenni
Mille stan pronti ognora argentei spilli.
Oh quante volte a cavalier sagace
Ho vedut’io le man render beate
Uno apprestato a tempo unico spillo!
Ma dove, ahi dove inonorato e solo
Lasci ’l coltello a cui l’oro e l’acciaro