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Di prender legge da colui che giunse
Pur ier di Francia, ahi quale atroce folgore,
Meschino! allor ti pendería sul capo?
Ché il tuo Signor vedresti ergers’in piedi;
E versando per gli occhi ira e dispetto,
Mille strazi imprecarti; e scender fino
Ad usurpar le infami voci al vulgo
Per farti onta maggiore; e di bastone
Il tergo minacciarti; e violento
Rovesciare ogni cosa, al suol spargendo
Rotti cristalli e calamistri e vasi
E pettini ad un tempo. In cotal guisa,
Se del Tonante all’ara o de la Dea,
Che ricovrò dal Nilo il turpe Phallo,
Tauro spezzava i raddoppiati nodi
E libero fuggía, vedeansi al suolo
Vibrar tripodi, tazze, bende, scuri,
Litui, coltelli, e d’orridi muggiti
Commosse rimbombar le arcate volte,
E d’ogni lato astanti e sacerdoti
Pallidi all’urto e all’impeto involarsi
Del feroce animal che pria sí queto
Gía di fior cinto, e sotto a la man sacra
Umiliava le dorate corna.
Tu non pertanto coraggioso e forte
Soffri, e ti serba a la miglior fortuna.
Quasi foco di paglia è il foco d’ira