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Geni malvagi tra ’l notturno orrore
Godono uscire, ed empier di perigli
La placida quiete de’ mortali!
   Potría, tolgalo il cielo, il picciol cane
Con latrati improvvisi i cari sogni
Troncare a la tua Dama; ond’ella, scossa
Da subito capriccio, a rannicchiarsi
Astretta fosse, di sudor gelato
E la fronte bagnando e il guancial molle.
Anco potría colui che sí de’ tristi
Come de’ lieti sogni è genitore,
Crearle in mente di diverse idee
In un congiunte orribile chimera;
Onde agitata in ansioso affanno
Gridar tentasse, e non però potesse
Aprire ai gridi tra le fauci il varco.
Sovente ancor ne la trascorsa sera
La perduta tra ’l gioco aurea moneta,
Non men che al Cavalier, suole a la Dama
Lunga vigilia cagionar: talora
Nobile invidia de la bella amica
Vagheggiata da molti, e talor breve
Gelosia n’è cagione. A questo aggiugni
Gl’importuni mariti, i quali in mente
Ravvolgendosi ancor le viete usanze,
Poi che cessero ad altri il giorno, quasi
Abbian fatto gran cosa, aman d’Imene