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L’Aurora forse le spruzzò de’ misti
Raggi, e godè talora andar torcendo
Con la rosata man lor cave spire.
Una del collo tuo le perle in seno
Educò verginella; a l’altra il labbro
De la sanguigna porpora ministro
Splende; di questa la rugosa scorza
Stette con l’or su la bilancia e vinse.
Altre si fero, in van dimandi come,
Carcere e nido in grembo al sasso: a quelle
Qual Dea del mar d’incognite parole
Scrisse l’eburneo dorso? e chi di righe
E d’intervalli sul forbito scudo
Sparse l’arcana musica? da un lato
Aspre e ferrigne giaccion molte: e grave
D’immane peso assai rosa da l’onde
La rauca di Triton buccina tace.
Questo ad un tempo è pesce ed è macigno;
Questa è qual più la vuoi chiocciola o selce.
Tempo già fu che le profonde valli,
E ’l nubifero dorso d’Apennino
Copriano i salsi flutti; pria che il cervo
La foresta scorresse, e pria che l’uomo
Da la gran madre antica alzasse il capo.
L’ostrica allor, su le pendici alpine,
La marmorea locò famiglia immensa:
Il nautilo contorto a l’aure amiche