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Osa meco tentar. Denso e compatto
Più d’ogn’altro è Mercurio, a cui si presso
Il sol lampeggia dalle vampe etnèe;
Venere è densa meno e più lontana,
Ed in ragion delle distanze varie
La densità si scema, e scema il moto.
Tu ben t’apponi, che, se men veloce
Fosse Mercurio a rivoltar sull’asse,
O se men densa di sue parti avesse
La marmorea testura, in breve fora
Arso e disciolto dal propinquo ardore.
Ma quale incrudelir d’alpine nevi
Stagion dovrebbe, e d’iperboreo ghiaccio
Nell’orride contrade di Saturno,
Se di maggior crassizie il Fabbro eterno
L’avesse cinto, e se col lungo giorno,
Che gli fanno goder sue tarde ruote,
Non ristorasse il mal che lo flagella
Nel cerchio estremo sì lontan dal sole?
Pur così dotto magistero a nulla
Giovar potrebbe se d’alpestri massi,
E di non abitate ispide terre,
Fossero que’ pianeti un’aspra mole.
Dimmi: che fan le quattro lune intorno
Al vastissimo Giove, e le altre cinque
Rischiaratrici del lento Saturno
Col sottil giro del capace anello,