Pagina:Poemetti italiani, vol. IV.djvu/169

Fida compagna da’ prim’anni al fianco
Geometria gli stava, e l’accigliato
Calcolo instrutto di possenti cifre,
Superbo domator dell’infinito.
Sotto al suo piede il gemin’arco avea
Steso alternando la viola e l’ostro
L’ali-dorata figlia di Taumante,
Che, troppo in ciel della sdegnosa Giuno
Odiando l’impero, alfin si feo
Del tranquillo filosofo compagna
E messaggiera, da che vide il raggio,
Nell’angolar tersissimo cristallo
Per lui rifratto, lumeggiar le sette
Tinte del suo bell’arco, e i vivi escirne
Misti colori onde s’abbella il mondo.
Ma la consorte del Tonante e suora
Bieca mirò la fuggitiva, e indarno
A lei davanti per temprarne il duolo
Spiega il pavon le gemmi-sparse penne.
     Così pel ciel la grave ombra movea
Del mio Neutòno. Al suo venir la valle
Tacque e la selva, e per udirne i detti,
Immemori del suon, corsero a gara
Dal colle i fauni, e sulla patria riva
Drizzarono l’ondosa urna le ninfe.
     Io più volte l’udii l’ascose leggi
Di gravità spiegarmi, e dolce ancora