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E gli ombratici sofi, e ’l servo gregge,
Che del tiranno stagirita al nome
Trema, e ne’ detti del maestro giura.
Ma sotto, intanto, a’ replicati colpi
Cigolando dicrollasi e rovina
Il sognato del ciel macchinamento,
E Tolomeo da lunga invan sospira.
Già leva Atlante dal penoso incarco
Libero il collo e le marmoree spalle
Meravigliando; nella fulva arena
Splendono i pezzi dell’infrante sfere.
Alle rovine il vincitor borusso
Esulta in mezzo; e, da sue voci scosso,
D’altri sofì antichissimo drappello
I tacit’antri e le pensose selve
Lascia d’Eliso, e con maestra mano
Il confuso de’ cieli ordin corregge.
Ferve l’opra immortal. Facili i numi
Al gran lavoro aspirano, che giacque
Colpa di cieca opinione, avvolto
Di smemorati secoli fra l’ombre.
Già de’ corsier foco-spiranti Apollo
A Pitagora cede il fren gemmato;
E, rimembrando pur l’acerbo caso
Dell’inesperto agitator d’Eoo,
Le gote irrora di paterno pianto.