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Dal volgo indòtto, e là mi spazio e godo
Volgere per l’immenso etereo vano
Imperioso a mille mondi il guardo.
La cetra, allor che di sì lunga via
Pende, dolce conforto, a me dal collo,
Oh come va d’armonico tremore
Ondoleggiando irrequieta, e come
Sento che, tese a maggior suon, le corde
Sdegnano omai l’usato tocco, e quello
Chiedon di Caro e di Manilio invano!
Non però sempre del pensier m’innalzo
Sul volo audace, e per le mute vie
Dell’oscure contrade archimedèe
Non sempre io mi raggiro. Ah! tu ben sai
Quante s’usurpi delle nostre cure
La creta vil, che la divina parte
Chiude dell’aura che spirò sull’uomo
Il Motor primo delle cose; e sai
Che di seguir le non intese leggi
Dell’arcano commercio invan ricusa,
Fervido il sen d’omeriche faville,
Vate sul Xanto, o con Eulero a scranna
Lettere e cifre a variar non lento
Calcolator filosofo profondo.
Alfin cedere è forza. I lievi spirti
Per la nervosa region dispersi
Un lungo meditar consuma e pasce,