Pagina:Poemetti italiani, vol. II.djvu/27


23


     Contr’ogni legge in me medesmo face
Estrema povertà troppa ricchezza:
Estremo guerreggiar la troppa pace,
Estrema servitù troppa bellezza,
525Troppo a me stesso di piacermi spiace;
Beato quel che sua bltade sprezza,
Che pur ad altri vien talvolta in pregio:
Ma ’l mio troppo pregiarmi fa dispregio.

     Cotal dicendo sopra l’erba verde
530Empiea la valle d’amorose strida;
Nè con tutto il suo dir dramma si perde
Di quel cieco desir ch’al cor annida;
Ma nel dolersi più, più si rinverde,
E dove men vorria più sempre ’l guida;
535Torna a la fonte e parla e guarda e chiama,
Piange, sospira invan, si strugge ed ama.

     Piovongli amare lagrime dal volto
Per cui fosche d’intorno vengon l’onde;
Pargli il sommo suo ben turbato e tolto,
540Che l’amata ombra al suo mirar s’asconde.
Or che m’hai, crudo, in mille lacci avvolto,
Perchè abbandoni queste ombrose sponde?
Dice, e ’l braccio e la man ne l’acque stende
Per colui ritener che pur l’accende.