Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/97


     6Che tutt’or parmi pur veder pel campo
Armato lui, armato il corridore
Come un fier Drago gir menando vampo,
Abbatter questo e quello a gran furore.
L’arme lucenti sue sparger un lampo,
Che faccian tremar l’aere di splendore,
Poi fatto di virtute a tutti esempio,
Riportarne il trionfo al nostro tempio.

     7E che lamenti già le Muse ferno,
E quanto Apollo s’è già meco dolto;
Ch’io tenga il lor Poeta in tanto scherno;
Ed io con che pietà suoi versi ascolto;
Ch’io l’ho già visto al più rigido verno
Pien di pruina i crin, le spalle e ’l volto
Dolersi con le stelle, e con la luna
Di lei, di noi, di sua crudel fortuna.

     8Per tutto il mondo ha nostre laudi sparte,
Mai d’altro, mai, se non d’amor ragiona,
E potea dir le tue fatiche o Marte,
Le trombe, e l’arme, e ’l furor di Bellona:
Ma volle sol di noi vergar le carte,
E di quella gentil, che a dir lo sprona,
Ond’io lei farò pia, madre, al suo amante,
Che pur son tuo, non nato d’adamante.