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     48Già s’inviava, per quindi partire,
La ninfa sovra l’erba, lenta lenta,
Lasciando il giovinetto in gran martire,
Che fuor di lei null’altro omai talenta.
Ma non possendo el miser ciò soffrire,
Con qualche priego d’arrestarla tenta;
Per che, tutto tremando e tutto ardendo,
Così umilmente incominciò dicendo:

     49O qual che tu ti sia, vergin sovrana,
O ninfa o dea, ma dea m’assembri certo;
Se dea, forse se’ tu la mia Diana;
Se pur mortal, chi tu sia fammi certo,
Ché tua sembianza è fuor di guisa umana;
Né so già io qual sia tanto mio merto,
Qual dal cel grazia, qual sì amica stella,
Ch’io degno sia veder cosa sì bella.

     50Volta la ninfa al suon delle parole,
Lampeggiò d’un sì dolce e vago riso,
Che i monti avre’ fatto ir, restare il sole:
Ché ben parve s’aprissi un paradiso.
Poi formò voce fra perle e viole,
Tal ch’un marmo per mezzo avre’ diviso;
Soave, saggia e di dolceza piena,
Da innamorar non ch’altri una Sirena: