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Come fa il vento nelle antiche selve,
O come stride il mormorar dell’onde,
O come fuoco in la fornace incluso,
Ch’ondeggia, e manda fuori orribil suono.
Qui ti convien soccorrere agl’infermi
Con odori, e profumi. Incendi prima
Il galbano, e le gamme dei Sabei;
Nè t’indugiare a colar entro il mele
Per un canal di canna, rivocando
Le stanche alla verdura, all’onde chiare.
Gioveratti anco il mescolarvi insieme
Le rose secche, ovver la galla trita,
O la ben dolce, o ben decotta sapa,
O buon zibibbo, od uva passà d’Argo
O la centaurea col suo grave odore,
O l’odorato timo, che ’n gran copia
Nasce là, dove fur le dotte Atene,
Che sono or serve di spietata gente.
Prendi ancora un catin di rame, o creta,
Che sia pien d’acqua tremolante, e pura:
E quivi infondi un rugiadoso umore
Di sapa, o di amenissimo vin dolce,
Ed in tale acqua ponvi alcuni velli
Di pura lana, e bianchi, come falde
Di spessa neve, che dal ciel giù fiocchi;
O pezzetti di panno, che pur dianzi
Fosser tagliati da purpurea veste.