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Ed a molt’altri mostruosi vermi,
Che soglion far dell’Api aspre rapine,
Ma perchè in questi mostri, ch’io racconto,
Non è maggior venen, nè più mortale,
Che quel della farfalla, io voglia dirti
Prima il mal ch’elle fanno, e poscia il modo
Che dei tenere a spegner questo seme.
Elle non solo all’Api son nimiche
Per abito, per arte, e per natura,
Ma ciò, che toccan, ciò, che di lor nasce,
È come peste del soave mele:
Che così la gran Madre, ovver matrigna,
Il suo contrario ad ogni bene ha posto.
Dal nostro ventre esce un umor corrotto,
Ch’a dire è brutto, ed a tacerlo è bello.
Da questo nasce uno invicibil seme,
Che come ha moto, infetta i fiori, e l’erbe,
La regal corte, e i pargoletti nidi;
Ancor la terra, e l’acqua, e ’l foco, e l’aria
Col fiato impesterebbe atro, e corrotto,
Se non che corruttibil fu creato.
E però ti bisogna corre il tempo
Nella stagion, che son le malve in fiore,
Che allor tal verme con ale ampio, e pitte
D’innumerabil popolo germoglia:
Sicchè provedi, e spegni questo seme.
La sera allor, che l’aere è ben oscuro,