Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/232

220

Sia consiglio miglior volgere il guardo
Là dove s’erge il massimo delubro
Già di Palla in onor ne’ più rimoti
Idolatrici tempi alzato, e poscia
Sacro al verace Dio; superba mole
Ch’indi a campar ai rovinosi oltraggi
Degl’anni edaci, e a ristorar rivolse
L’occhio pietoso, e la munific’opra
Pastor provido, e pio, che il crin velato
O grande Aurelio, come tu sen gìa
Del venerando episcopale ammanto.
Or quale da ogni lato aura non spira
Di memoranda antichitate illustre
L’augusto tempio, o sia di fuor ne miri
L’ampla facciata infigne che la fronte
Di piramide in guisa al cielo estolle,
Di marmorei rilievi, e vario-sculpti
Fregi tutta aspregiata, ardua nel vero
Mirabil opra intorno, a cui più d’uno
Non ignobil sudò Goto scalpello;
Ovver per entro alle sacrate mura
L’attento sguardo a contemplar ne giri
Delle eccelse colonne il maestoso
Bipartito ordin, la capace volta
Locate a sostener; e ad esse in cima
Pei ben curvati archi insorgenti il vago
Tondeggiante contesto alma spirante