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Rimbombino le sacre eccelse rupi,
Contento, e pago appien se i pochi egregì
Pietosi cittadin di vero accesi
Patriotico amor, alle mie voci
Faran dolce eco entro i lor cor commossi;
Che se pur entro al tuo materno seno,
Quasi vil loglio in aurea messe ascoso,
Saravvi, o patria mia, chi di me laudi
Osi il suono spregiar, voi Cheriesi,
Avite ombre immortai, di questo suolo
Già ornamento, e splendor, il grave scorno
Deh non soffrite, che sen vada inulto,
Ma da que’ vostri freddi avelli i gridi
Sdegnosi alzando, ammutolir confuso
Ne fate il derisor. Ma tolga il Cielo
Ch’alma sì misleal in questo annidi
Fortunato terren, ove onestate,
Ed ogn’aureo costume alberga, e regna.
Dunque m’accingo, e dell’aperto giorno
I son ancor provati raggi affronto.
Impavido cantor con fermo ciglio
Bramoso amai, che il solitario carme
Uso finor inonorato sonno
A tirar fra l’ombre d’obblioso scrigno
Batta le penne, e a non temere impari
Il van fischiar d’incolorita, e aspersa
Di pedantesco fiel censoria verga,