Da vista troppo lieta il cuore offeso
D’amaro pianto questi lumi aspergo,
E oppressa l’alma da insoffribil peso
L’allegre stanze io già mi lascio a tergo. 85Sommo poter dal volgo non inteso
Guidò miei passi a più rimoto albergo,
Tristi, e pinte di duol meste campagne,
Dove ognor si sospira, ognor si piagne.
Quivi non chiari verdeggianti prati, 90Non dolce sussurrar di limpid’onde,
Ma rocche sol, ma sol monti gelati,
Cui l’alte vette bigia nube asconde,
Solinghi campi di cipressi ombrati,
Tetro silenzio tra deserte sponde, 95Turbato sol sulle dogliose corde
Da mesti carmi spinti all’aure sorde.
L’occhio tra fronda, e fronda un debol mira
Fosco chiaror di non sereno raggio:
Grosso torrente romoreggia, e gira 100Rabbiosamente per lo suol selvaggio:
Lamentevole gufo alto sospira
Tra foglia, e foglia d’un annoso faggio,
E folto nembo tien la luminosa
Faccia del Sol perpetuamente ascosa.