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Che forse smorberia quella canaglia
Voi m’intendete, senza ch’io vi scopra
Di ritto, e di rovescio la medaglia.
Pervenni insomma ad Ostia, e montai sopra
Con la mia mula ad un naviglio scarco,
Che per tornar a Napoli era in opra,
Gaieta, e Baia costeggiando varco,
E di Pozzuol le calde, e fetide acque,
Per fin, che in grembo a le Sirene sbarco.
Dico là, dove il furbo viver nacque,
Che con tanta creanza, e gentilezza,
D’un mio tabarro molto si compiacque.
Gente a rubar fin da la cuna avezza,
Che mentre su le forche un se n’appicca,
Un altro ruba al Boia la cavezza.
Intanto per Sicilia odo si spicca
Un’altra nave; io subito vi salto,
E la mia muta dietro mi si ficca.
Non molto bisognò tenersi in alto,
Però che i naviganti per quei pochi
Dì, con fortuna avean fatto l’appalto.
Io per mar domandai di molti lochi
D’un’isola fra l’altre, che gran festa
Mostrava, far con molti raggi, e fochi.
E seppi poi, che Stromboli era questa,
Che s’allegrava assai, che la mia mula
Passasse il mar, senza un dolor di testa.