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148 POEMETTI IN PROSA


“Era notte: pioveva, e la pioggia era tale mentre cadeva, ma diventava sangue appena caduta. Io stavo nella palude tra le alte ninfee, e la pioggia mi bagnava e le ninfee sospiravano l’una all’altra nella loro solenne desolazione.

“Allora rapida la luna uscí dalla nebbia rada e orribile ed era di color cremisi. Apparve al mio sguardo l’enorme rupe nericcia alta presso la sponda del fiume, rischiarata dal bagliore lunare. La rupe era nericcia, orrenda e alta – la rupe era nerastra. Di fronte v’eran lettere incise nel sasso; traversai la palude delle ninfee, m’avvicinai alla riva per leggere quel che c’era scritto; ma non potei. Me ne tornavo alla palude, quando la luna splendé di luce rossa piú viva; mi volsi, guardai di nuovo la rupe e le lettere; le lettere dicevano: Desolazione.

“Guardai in alto; un uomo stava sulla vetta della rupe; mi nascosi tra le ninfee per spiare i suoi atti. Era di maestoso aspetto, chiuso in un’antica toga romana dal capo ai piedi. Non si distingueva il suo profilo — ma le forme eran quelle di un Dio; perché il manto della notte, della nebbia, della luna e della rugiada, avevan lasciato scoperto il volto di lui; aveva in fronte la nobiltà del pensiero, ma gli occhi erano strani per l’affanno; nelle rughe del viso lessi leggende di dolore, di tedio, di nausea per l’umanità, e un’ardente brama della solitudine.

“Sedeva sulla rupe, il capo poggiato alle mani e guardava la desolazione. Guardava la bassa agitata selva e in alto le antiche piante e piú su il cielo frusciante e la luna cremisi. Io gli stavo vicino nascosto tra le ninfee e spiavo i suoi atti. L’uomo in quella solitudine tremava; ma la notte scorreva ed egli stava sulla rupe.

“Poi volse gli occhi al tetro fiume Zaira, alle sue acque gialle e orribili e alle pallide schiere delle ninfee. Ascol-