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nota | 371 |
Com’è noto, il poemetto fu pubblicato la prima volta da A. F. Ozanam (1850), poi da E. Camerini (1863), da D. Carbone (1868) e da P. Gellrich (1883).
Il Piccoli, che rettamente chiamò «giudiziosa ma non definitiva» l’ediz. Carbone ed osservò che il Gellrich, oltre a travisare il colorito linguistico dell’opera, piú volte non aveva letto bene ed altre volte aveva risolto male i nessi paleografici, si rifece direttamente ai manoscritti, con diligenza e sagacia; presentando (come dice il Mistruzzi) l’Intelligenza. «in una veste che poteva, almeno in parte, soddisfare i desideri dei dotti e le esigenze del gran pubblico dei lettori».
Poco piú in lá il Mistruzzi aggiunge «in generale il Piccoli è accurato, ma ciò non toglie che anche a lui siano sfuggiti errori ed inesattezze, sebbene si riducano a poca cosa».
Poche e non gravi sono anche le sviste e le imperfette restituzioni critiche che ho potuto notare nella pregevole edizione procurata dallo stesso Mistruzzi, alla quale sempre dovrá ricorrere chi voglia, oltre al testo corretto; una ricca messe di informazioni e di contributi per l’esegesi di esso.
Solo due sono i codici del poemetto: il Magliabechiano Cl. VII, 1035e il Laurenziano Gaddiano 71, il primo «anteriore di qualche decina d’anni al secondo, e di miglior lettera e di mano piú intelligente»; «i due codici appartengono a tradizioni diverse e indipendenti; probabilmente né l’uno né l’altro risale direttamente all’autografo. Il Magl. per la piú corretta lezione e per l’accuratezza della ortografia, merita di esser tenuto a fondamento della edizione; e per le prime 46 stanze, di cui il Laur. è mutilo, ne costituisce l’unica fonte; il Laur. deve esser tenuto presente unicamente per correggere i pochi manifesti errori del Magl. in cui esso non cade, e qualche rara volta per reintegrare la misura del verso».
Cosí il Piccoli, ai criteri del quale si è attenuto giustamente anche il Mistruzzi. Io sono d’accordo; aggiungo soltanto che certamente (e non soltanto probabilmente) i due mss. non risalgono direttamente all’autografo, e che il Laur. ha conservato qua e lá costrutti e grafie che rivelano la maggiore antichitá della sua fonte e la fedeltá della trascrizione.
Per quanto si riferisce alle molte rime imperfette, ritengo, per le ragioni addotte dal Mistruzzi (pp. lxxxi-lxxxiii) che siano da lasciare inalterate.