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342 | poemetti allegorico-didascalici |
CCXXII
[Venere.]
Molto le va Venusso minacciando,
dicendo, se non rendono il castello,
ched ella metterá fuoco al fornello,
4sí che per forza le n’andrá cacciando.
E disse: «A mille diavol v’accomando
chi amor fugge, e fosse mi’ fratello!
Per Dio, i’ le farò tener bordello
8color che l’amor vanno sí schifando;
chéd e’ non è piú gioia che ben amare.
Rendetemi il castel, o veramente
11i’ ’l farò immantenente giú versare;
e poi avremo il fior certanamente,
e sí ’l faremo in tal modo sfogliare
14che poi non fia vetato a nulla gente».
CCXXIII
[Venere; la balestriera.]
Venusso la sua roba ha soccorciata,
crucciosa per sembianti molto, e fiera;
verso ’l castel tenne sua camminiera,
4e ivi sí s’è un poco riposata.
E riposando sí ebbe avvisata,
come cole’ ch’era sottil’ archiera,
tra due pilastri una balestriera,
8la qual natura v’avea compassata.
Su’ pilastri un’imagine avea assisa;
d’argento fin sembiava, sí lucea:
11tropp’era ben tagliata a gran divisa.
Di sotto un santuaro sí avea:
d’un drappo era coperto, sí in tal guisa
14che ’l santuaro punto non parea.