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338 | poemetti allegorico-didascalici |
CCXIV
[Tregua.]
Molto durò tra lor quella battaglia,
che ciascun roba e carni vi si straccia;
l’un l’altro abbatte per forza di braccia:
4non fu veduta mai tal trapressaglia;
che que’ d’entro facien troppo gran taglia
di que’ di fuor. Amor allor procaccia
che tra lor una trieva sí si faccia
8di venti dí, o di piú, che me’ vaglia;
ché vede ben che mai quella fortezza,
se la madre non v’è, non prenderebbe.
11Allor la manda a chieder per Franchezza.
Contra colei sa ben non si terrebbe;
ché, s’ella il su’ brandon ver lor adrezza,
14immantenente tutti gli arderebbe.
CCXV
[Ambasceria a Venere.]
Franchezza sí s’è de l’oste partita,
e Amor sí l’ha ben incaricato
che li dica a la madre ogne su’ stato,
4com’egli è a gran rischio de la vita,
e che sua forza è molto infiebolita;
ch’ella faccia che per lei si’ aiutato.
Allor Franchezza sí ha cavalcato,
8e dritto a Ceteron sí se n’è ita,
credendo che vi fosse la diessa;
ma ell’er’ita in bosco per cacciare,
11sí che Franchezza n’andò dritt’a essa.
Sott’una quercia la trovò ombreare.
Quella sí tosto in ginocchie s’è messa,
14e dolzemente l’ebbe a salutare.