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il fiore | 293 |
CXXIV
Falsembiante.
«Sed i’ truovo in cittade o in castello,
colá ove Paterin sia riparato,
credente ched e’ sia o consolato,
4od altr’uom (ma’ che sia mio ribello),
o prete ched e’ sia o chericello
che tenga amica, o giolivo parlato,
e’ convien che per me sia gastigato,
8ché ciaschedun mi dotta, sí son fello.
Ancor gastigo altressí usurai,
e que’ che sopravendono a credenza,
11roffiane e forziere e bordellai.
E ’n ciascuno i’ ho malivoglienza;
ma che che duol tu senti, nol dirai,
14sí fortemente dotti mia sentenza.»
CXXV
Falsembiante.
«Que’ che vorrá campar del mi’ furore,
ecco qui preste le mie difensioni:
grosse lamprede, o ver di gran salmoni
4apporti, lucci, sanza far sentore.
La buona anguilla non è giá peggiore;
alose o tinche o buoni storioni,
torte battute o tartere o fiadoni:
8queste son cose da ’cquistar mi’ amore.
O se mi manda ancor grossi cavretti,
o gran cappon di muda ben nodriti,
11o paperi novelli o coniglietti.
Da ch’e’ ci avrá di ta’ morse’ serviti,
no gli bisogna di far gran disdetti:
14dic’a che giuoco, e giuoco a tutti ’nviti.»