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il fiore 289

CXVI

Falsembiante.

     «Ancor una crudel costuma abbiamo:
contra cui no’ prendiam la nimistate
quanti noi siamo, in buona veritate,
4in difamarlo noi ci assottigliamo;
e se per avventura noi sappiamo
com’e’ possa venire a dignitate,
nascosamente noi facciam tagliate,
8sí che di quella via no’ il ne gittiamo.
     E ciò facciamo noi sí tracelato
ch’e’ non saprá per cui l’avrá perduto,
11infin che non ne fia di fuor gittato.
Ché se l’avesse da prima saputo,
per avventura e’ si saria scusato,
14sí ch’i’ ne saria menzonier tenuto.»

CXVII

Amore e Falsembiante.

     — «Cotesta mi par gran dislealtate»,
rispose Amore. «Or non credi tu ’n Cristo?»
— «I’ non, chéd e’ sará pover e tristo
4colu’ che viverá di lealtate.
Sí ch’io non vo’ per me quelle ghignate;
ma come ched i’ possa, i’ pur acquisto,
ché da nessun non è volontier visto
8colui che man terrá di povertate.
     Anzi l’allunga ciascuno ed incaccia;
giá no lli fia sí amico né parente
11ched egli il vegga volontieri in faccia.
Sí ch’i’ vogli’ anzi ch’on mi sia ubbidente,
come ch’io a Cristo ne dispiaccia,
14ched esser in servaggio della gente.»