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284 | poemetti allegorico-didascalici |
CVI
Amore e Falsembiante.
— «Tu sí va’ predicando povertate
e lodila.» — «Ver’è, ad uopo altrui,
ch’i’ non son giá su’ amico, né ma’ fui,
4anzi le porto crudel nimistate;
ch’i’ amerei assa’ meglio l’amistate
del re di Francia che quella a colui
che va caendo per l’uscia l’altrui,
8e muor sovente di necessitate.
E ben avess’egli anima di santo,
il pover, non mi piace sua contezza,
11e piú ch’i’ posso il metto da l’un canto,
e sed amor gli mostro, sí è fintezza;
ma convien ch’i’ mi cuopra di quel manto:
14per mostrar ch’i’ sia buon, lor fo carezza.»
CVII
Falsembiante.
«E quand’io veggo ignudi que’ truanti
su’ monti del litame star tremando,
che freddo e fame gli va sí accorando
4che non posson pregiar né Die né Santi,
el piú ch’i’ posso lor fuggo davanti,
sanza girne nessun riconfortando;
anzi lor dico: ‘Al diavol v’accomando
8con tutti que’ che non han de’ bisanti’.
Ché la lor compressione è fredda e secca,
sí ch’i’ non so ch’i’ di lor trar potesse:
11or che dará colui che ’l coltel lecca?
Di gran follia credo m’intramettesse
voler insegnar vender frutta a trecca,
14o ch’i’ al letto del can unto chiedesse.»