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il fiore | 271 |
LXXX
Costretta-Astinenza.
Astinenza-Costretta venne avanti,
e disse: «E’ vien con meco in compagnia,
ché sanza lui civir non mi poria,
4tanto non pregherei né Die né Santi;
e me e sé governa co’ sembianti
che gl’insegnò sua madre Ipocresia.
I’ porto il manto di Pappalardia
8per piú tosto venir a tempo a’ guanti.
E cosí tra noi due ci governiamo,
e nostra vita dimeniam gioiosa,
11sanza dir cosa mai che noi pensiamo.
La cera nostra par molto pietosa,
ma non è mal nessun che non pensiamo.
14Ben paiam noi gente relegiosa!».
LXXXI
Dio d’amor e Falsembiante.
Lo Dio d’amor sorrise quando udio
Astinenza-Costretta sí parlare,
e disse: «Qui ha gente d’alt’affare!
4Di’, Falsembiante, se t’aiuti Iddio,
s’i’ ti ritegno del consiglio mio,
mi potrò io in te punto fidare?».
— «Segnor mio, sí, di nulla non dottare,
8ch’altro ch’a lealtá ma’ non pens’io.»
— «Dunqu’è cotesto contra tua natura.»
— «Veracemente ciò è veritate,
11ma tuttor vi mettete in avventura!
Ma’ il lupo di sua pelle non gittate,
no gli farete tanto di laidura,
14se voi imprima no llo scorticate.»