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il fiore | 263 |
LXIV
Amico.
«A sua maniera ti mantien tuttora:
ché s’ella ride, ridi, o balla, balla;
o s’ella piange, pensa a consolalla,
4ma fa che pianghe tu sanza dimora.
E se con altre donne fosse ancora
che giocassero al gioco della palla,
s’andasse lungi, corri ad apportalla:
8a le’ servir tuttor pensa e lavora.
E se vien alcun’or ch’ella ti tenza,
ch’ella ti crucci sí che tu le dai,
11immantenente torna ad ubbidenza,
e giurale che ma’ piú nol farai,
di quel c’hai fatto farai penitenza.
14Prendila e falle il fatto che ti sai!»
LXV
Amico.
«Sovr’ogne cosa pensa di lusinghe,
lodando sua maniera e sua fazzone,
e che di senno passa Salamone:
4con questi motti vo’ che la dipinghe.
Ma guarda non s’avvegga che t’infinghe,
ché non v’andresti mai a processione;
non ti varrebbe lo star ginocchione:
8però quel lusingar fa che tu ’l tinghe.
Chéd e’ n’è ben alcuna sí viziata
che non crede giá mai ta’ favolelle,
11perch’altra volta n’è stata beffata.
Ma queste giovanette damigelle,
cu’ la lor terra non è stata arata,
14ti crederanno ben cota’ novelle.»