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il fiore | 233 |
IV
L’Amante e Amore.
Con una chiave d’or mi fermò il core
l’Amor, quando cosí m’ebbe parlato;
ma primamente l’ha nett’e parato,
4sí ch’ogni altro pensier n’ha pinto fore.
E po’ mi disse: «I’ sí son tu’ signore,
e tu sí se’ di me fedel giurato:
or guarda che ’l tu’ cuor non sia ’mpacciato
8se non di fino e di leal amore.
E pensa di portar in pacïenza
la pena che per me avra’ a soffrire,
11innanzi ch’io ti doni mia sentenza;
ché molte volte ti parrá morire:
un’ora gioia avrai, altra, doglienza;
14ma poi dono argomento di guerire».
V
L’Amante e Amore.
Con grande umilitate e pacïenza
promisi a Amor a sofferir sua pena,
e ch’ogne membro, ch’i’ avea, e vena
4disposat’era a farli sua voglienza.
E solo a lui servir la mia credenza
è ferma, né di ciò mai non allena:
insin ch’ed i’ avrò spirito o lena,
8i’ non farò da ciò giá ma’ partenza.
E quelli allor mi disse: «Amico meo,
i’ ho da te miglior pegno che carte:
11fa che m’adori, ched i’ son tu’ Deo;
ed ogn’altra credenza metti a parte,
né non creder né Luca, né Matteo,
14né Marco, né Giovanni». Allor si parte.