sí come a grande corte si convene;
e audivi dolzi boci e concordanti,
e nobili stormenti e ben sonanti,
che mi sembravan canti di Serene.
Quiv’era una donzella ch’organava 294
ismisurate dolzi melodie,
co le squillanti boci che sonava,
angelicali dilettose e pie;
audi’ sonar d’un’arpa e smisurava,
cantand’un lai onde Tristan morìe;
d’una dolze viuola udi’ sonante,
sonand’una donzella lo ’ndormante:
audivi suon di gighe e ciunfonie.
Udivi suon di molto dolzi danze, 295
in chitarre e carribi smisurati;
e trombe e cennamelle in concordanze,
e cembali alamanni assai triati;
cannon’ mezzi cannoni a smisuranze
sufoli con tambur’ ben accordati;
audivi d’un leuto ben sonare,
ribebe e otricelli, e ceterare,
salteri ed altri stormenti triati.
E cosí stando a mia donna davanti, 296
intorneato di tant’allegrezza,
levò li sguardi degli occhi avenanti,
ed io ’mpalidi’ per dubitezza.
Allor mi fece dir: «Piú tra’ti ’nnanti,
e prendi ne la mia corte contezza».
Ed io le dissi: «Donna di valore,
s’io fossi servo d’un tuo servidore,
sarìame caro sovr’ogni ricchezza».
Allor Madonna incominciò a parlare, 297
con tanta soavezza, e disse allore: